Catalogna, Quebec, Scozia, Belgio: possibili secessioni

Quello che anni fa era chiamato il “Primo Mondo”, insomma l’Occidente, è scosso dalla crisi economica e sociale che è diventata ora politica e culturale. Tra le sue conseguenze vi sono anche quelle aspirazioni nazionaliste fin’ora sopite dal benessere e dalla sazietà di risposte sull’identità. Si sono risvegliati numerosi secessionisti tra le due sponde dell’Atlantico, tenterò di farne il punto caso per caso.
Questo 11 settembre per la Diada, festa nazionale catalana, sono scesi in piazza un milione e mezzo di persone, tra cui Pep Guardiola, ex allenatore del Barcellona. Tutti con Estelada blava o Estelada roja, le versioni indipendentiste della Senyera, bandiera catalana. Carme Forcadell, attivista per l’indipendenza, ha detto: “Abbiamo capito che quest’anno sarebbe stato eccezionale per la festa della Diada: i pullman non bastavano e non c’erano più bandiere catalane nei negozi. Persino i cinesi non le avevano”. Secondo un sondaggio de La Vanguardia circa il 55% della popolazione della Catalogna è a favore dell’indipendenza (solo il 33 contrario) rispetto al 51% dello scorso maggio. Con il patto fiscale Madrid trattiene oltre 16 miliardi di euro di Pil, insomma la Catalogna riceve meno di quanto versa. Da poco, oltre alla Sinistra Repubblicana, anche Convergencia i Union, partito conservatore, è a favore dell’indipendenza. Il presidente del Barcellona club Sandro Rosell ha dichiarato: “Il giorno che la Catalogna deciderà per l’indipendenza, il Barça sarà al suo fianco”. Sospinto da quest’onda irripetibile, il presidente conservatore Artur Mas ha convocato il 25 novembre elezioni anticipate, sperando in caso di vittoria dei due partiti indipendentisti (il Partito Socialista Catalano è contrario) di indire un referendum, che Madrid considera anticostituzionale. È vero, un referendum per l’indipendenza catalana sarebbe illegittimo per la Costituzione spagnola, ma ci si potrebbe rivolgere a organismi internazionali appellandosi all’autodeterminazione dei popoli, sancita dalla Carta delle Nazioni Unite. Rajoy ha dichiarato che non farà alcuna concessione alla Catalogna sull’indipendenza, non solo per il rischio di caduta del governo, ma anche per paura di essere ricordato come colui che ha permesso la secessione della regione autonoma. Ad aumentare ulteriormente l’orgoglio della Comunità Autonoma ci ha pensato il ministro dell’istruzione di Madrid, Jose’ Ignacio Wert, dichiarando “intenzione del governo spagnolizzare i bambini catalani”. Ma gli indipendentisti non vedono contraddizione tra la frammentazione della Spagna e la costruzione degli Stati Uniti d’Europa. La prima effettiva apertura al principio di autonomia ebbe luogo durante la Seconda Repubblica spagnola, che favorì l’istituzione delle prime autonomie regionali in Catalogna, Paesi baschi e Galizia. La Costituzione post franchista ha lasciato ampio margine di discrezionalità sulle attribuzioni dell’autonomia e della stesura degli Statuti. Carme Forcadell conclude: “Non volevo che il catalano finisse come il gaelico e ho capito che affinché non accadesse bisognava costruirgli attorno una nazione”.
In Quebec, Provincia del Canada, tutto è (ri)cominciato con le proteste studentesche, ribattezzate Primavera degli aceri, contro l’aumento del 75% delle rette universitarie, circa 4mila euro, che hanno portato alle dimissioni il ministro dell’istruzione del governo conservatore della Provincia, Lina Beauchamp. Alle successive elezioni del 4 settembre il Parti Quebecois – indipendentista – nonostante non abbia ottenuto la maggioranza assoluta ha vinto come non succedeva da anni e formerà un governo di minoranza. Proprio mentre la neo prima ministra indipendentista Pauline Marois festeggiava la vittoria in una sala concerti di Montreal, un uomo di mezz’età armato di carabina si è avvicinato e ha fatto fuoco uccidendo una persona e ferendone un’altra. Mentre veniva arrestato ha gridato “gli inglesi si stanno risvegliando”. Il Canada nacque sulla base di un patto tra ‘due popoli fondatori’ e un dualismo: linguistico inglese/francese, religioso cattolico/protestante, giuridico civil law/common law. Il francese è parlato dall’80% dei 7,8 milioni di abitanti della Provincia, che festeggia di più il 24 giugno come festa del Quebec che il Canada day del primo luglio. Il Constitution act del 1982 voluto dal presidente liberale Trudeau fu approvato nonostante il voto contrario del Quebec, che non vedeva tutelati i propri diritti linguistici e sull’istruzione. Nel referendum del 1980 i separatisti furono pesantemente sconfitti ma nel 1995 con il 49,4% furono a un passo dall’indipendenza. L’anno dopo la Corte Suprema Canadese, valutando delle rivendicazioni di indipendenza del Quebec, ha definito attentamente i limiti del principio di autodeterminazione: sono autorizzati ad avvalersene ex colonie, popoli soggetti a dominio militare straniero e gruppi sociali cui le autorità rifiutino un effettivo diritto allo sviluppo politico, economico, sociale e culturale (Sentenza 385/1996). Ma Pauline Marois ha promesso di riproporlo e forse questa volta persino vincerlo.
Situazione ben più drammatica è quella dell’Irlanda del Nord, logorata da decenni di guerra civile. Celebre la battuta: Sono ateo. Sì ma ateo cattolico o protestante? In questo caso una controversia religiosa è divenuta anche nazionalistica. L’obiettivo sarebbe staccarsi dal Regno Unito per riunirsi alla Repubblica Irlandese. Il Nordirlanda è un’area socialmente ed economicamente depressa, l’industria e il terzo settore dipendono in buona parte da sovvenzioni statali. Nel 1997 con la vittoria delle elezioni di Tony Blair, l’IRA annunciò un cessate-il-fuoco e iniziarono le non facili trattative, fino al 2005 quando si arrivò alla fine della lotta armata. Anche la parte repubblicana dell’Irlanda si è abbondantemente inglesizzata, ma il nuovo presidente laburista Higgins ha ridato slancio al gaelico. Il 2 settembre a Belfast si sono verificati incidenti nati dal tentativo di un gruppo di protestanti di interrompere un corteo organizzato dai repubblicani e cattolici. I due gruppi sono venuti a contatto per alcuni minuti e decine di poliziotti, nel tentativo di disperdere la folla, sono stati colpiti da pietre, mattoni e bombe molotov. Sono 47 i poliziotti rimasti feriti nel corso degli scontri. Inoltre, nonostante l’IRA storica ormai sia nelle istituzioni, frange intransigenti continuano azioni di lotta armata contro le autorità. L’alta tensione che regna in un territorio senza futuro dimostra che nonostante l’accordo di pace il problema non sia affatto risolto.
Altro cruccio del Regno Unito è la questione scozzese, che affonda nei secoli più remoti. Lo Scottish national party di Alex Salmond ha conquistato la maggioranza assoluta del Parlamento di Edimburgo con 69 deputati e il primo ministro ha dichiarato che indirà il referendum per l’indipendenza a data da destinarsi. Come Rajoy in Spagna, anche David Cameron ha subito fatto sapere che “farà di tutto per tenere unito il Paese”. Secondo i nazionalisti in kilt, oltre 500 milioni di barili di greggio estratti ogni anno dal mare scozzese potrebbero fruttare 54 miliardi di sterline di tasse al paese da qui al 2017. Ma la Scozia ha anche le peggiori disuguaglianze in sanità e speranza di vita più bassa dell’intera Europa occidentale. L’indipendenza ha i suoi pro e contro. Nonostante la devolution di significative competenze normative a favore della Scozia, il Parlamento del Regno Unito ha ancora facoltà di ‘make laws for Scotland’ esercitando la clausola di supremazia presente nella section 28 dello Scotland Act. A Edimburgo stanno valutando se trattare un’uscita ‘soft’, restando legati al Regno Unito come reame del Commonwealth al pari di Australia, Nuova Zelanda, Canada etc.
Infine caso atipico è quello del Belgio. Questo paese fu creato nel 1830 con un compromesso politico. I forti contrasti tra francesi e fiamminghi imposero l’insediamento di Leopoldo I, un re che poco aveva a che fare con quelle terre, per ristabilire un precario ordine. L’articolo 4 della moderna Costituzione belga individua tre Comunità (francese, fiamminga e tedesca) e quattro regioni linguistiche (quella francofona, quella di lingua olandese, la regione bilingue di Bruxelles e quella germanofona). Recentemente abbiamo assistito ad un curioso vuoto politico durato quasi due anni, nell’incapacità di formare un governo. Infine otto partiti fiamminghi e valloni hanno dato vita a una coalizione da cui restano fuori i nazionalisti fiamminghi del partito di Bart de Wever, che sin qui aveva bloccato ogni possibile intesa. Il socialista vallone Elio Di Rupo (di origine italiana) è stato nominato primo ministro. In effetti vi sono persino due partiti socialisti, uno vallone ed uno fiammingo. I rancori che i fiamminghi hanno maturato nei confronti dei valloni, rei di avere discriminato il fiammingo, aiutano a capire incresciose situazioni di questo genere a causa delle quali il Belgio si sarebbe già spaccato definitivamente in due, se non fosse per la persistente comune lealtà verso la Casa regnante. Provai a discutere con un giovane militante socialista fiammingo sulla compatibilità tra socialismo e monarchia. In principio parve imbarazzato, poi cercò dentro di sè una ragione qualsiasi per sostenere il re e la trovò nel suo subconscio, nell’unità nazionale del suo fragile paese appeso ad un filo e nel timore di vederlo dilaniato e ridotto all’irrilevanza. In Belgio non c’è una regione o provincia secessionista, ma l’intero paese diviso in due. Sembra che Di Rupo abbia dato nuova fiducia ai belgi, ma per quanto?
Non posso negare di provare una certa simpatia per questi movimenti, perché nascono da domande reali di autodeterminazione e libertà di popoli con una cultura, una lingua e una storia propria. Niente a che vedere con il ridicolo siparietto padano. La simpatia accresce quando questi popoli vogliono passare da sudditi di un re a cittadini di una repubblica. L’auspicio di tutti è che questi processi avvengano nella nonviolenza. Per quanto riguarda i casi del Vecchio Continente, saranno un ulteriore banco di prova nel costruire gli Stati Uniti d’Europa formati dai popoli, al loro interno sfaccettati e ricchi, ma all’esterno uniti e compatti. In varietate concordia.

MATTEO PUGLIESE

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